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Home » News » Rischio default: i quattro ostacoli principali del piccolo imprenditore
05/13/2024

By: Stage Comunicazione

Rischio default: i quattro ostacoli principali del piccolo imprenditore

Quattro fattori critici del piccolo imprenditore che minacciano la sopravvivenza delle imprese

Nel contesto attuale in cui opera la piccola impresa del nostro paese, osservata, studiata e vissuta in oltre 30 anni di professione, emerge una considerazione oggettiva: i problemi strutturali delle small business sono originati da quattro fattori critici presenti nella leadership dell’imprenditore-capo-manager che possono comprometterne l’esistenza ed accelerare il default.

Premessa necessaria: il ruolo del proprietario-manager è diventato estremamente complesso e sfidante. I cambiamenti rapidi nel mondo del lavoro e l’evoluzione delle aspettative aziendali hanno, già da qualche decennio, reso la gestione un percorso pieno di ostacoli per cui non è più sufficiente solo quel “fiuto imprenditoriale”, tra l’altro unico al mondo, che ha determinato il successo della piccola imprenditoria negli anni della crescita del nostro paese.

Vediamo quali sono questi 4 fattori critici rilevati in base alla mia esperienza.

Il primo grande problema è la mancanza di autoconsapevolezza. Molti imprenditori non hanno una chiara comprensione delle proprie capacità e, soprattutto, delle aree in cui hanno bisogno di migliorarsi. Questo può portare a decisioni meno efficaci e a una leadership indebolita. Un manager che non si conosce bene, soprattutto nei momenti di crisi, può avere difficoltà a guidare gli altri o a prendere decisioni che siano nel migliore interesse del team e dell’organizzazione.

Il secondo gap riguarda la resistenza di molti piccoli imprenditori all’idea di assumere collaboratori qualificati, preferendo dipendenti meno preparati ma più compiacenti, temendo costi elevati e perdita di controllo. E’ cultura comune preferire cinque dipendenti poco preparati, che costano 1.000 euro al mese, a due collaboratori altamente qualificati con stipendi di 2.000 euro al mese. L’origine di questa resistenza si può spesso rintracciare nel successo passato del genitore dell’imprenditore. Molto spesso, si osserva che il fondatore dell’azienda era una persona che, “senza studi e solo con il naso”, aveva saputo generare ricchezza. Questo lascito crea un mito: il successo sembra derivare più dall’istinto che dalla competenza formale. In questo contesto, il genitore-imprenditore diventa un modello quasi mitologico, un simbolo dell’onore familiare che deve essere emulato.

Il terzo punto cruciale è la scarsa empatia del piccolo imprenditore che complica le interazioni con i propri dipendenti che invece spesso vengono valutati solo per questa skills. L’empatia tra manager e dipendenti è fondamentale per creare un ambiente di lavoro positivo e produttivo. Tuttavia, se questa empatia non è bilaterale, possono sorgere tensioni e incomprensioni. Un manager che non riesce a percepire e rispondere (anche con un no motivato) ai bisogni e alle preoccupazioni dei propri dipendenti rischia di creare un clima lavorativo freddo e distante. Queste interazioni sono essenziali per il successo del team, ma molti manager non riescono a massimizzare il loro potenziale. Interazioni superficiali o mancate comunicazioni, non tutti sono consapevoli che il silenzio è una risposta, possono portare a malintesi e a una ridotta produttività. È importante che i manager sviluppino un approccio che favorisca, soprattutto nei momenti di crisi, un dialogo aperto e costruttivo, trasformando ogni incontro in un’opportunità per il miglioramento e l’apprendimento reciproco.

Infine, il disallineamento degli obiettivi del lavoro quotidiano con gli obiettivi a medio termine dell’organizzazione è un problema significativo. Gli imprenditori che non riescono a collegare il lavoro dei loro team con gli obiettivi più ampi dell’azienda, anche perché poco attenti alle analisi delle incertezze, finiscono per guidare sforzi che possono essere ben intenzionati, ma non completamente allineati con la strategia complessiva. Questo può portare a inefficienze e a una perdita di direzione per il team intero.

Per contrastare questi problemi e ridurre il rischio di default, le aziende devono adottare un approccio proattivo. Una buona strategia è quella di misurare, monitorare e minimizzare il rischio di fallimento degli stessi manager, trattandolo come si farebbe con qualsiasi altro rischio significativo per l’azienda. 

Evitando il pericolo della compiacenza (virus molto diffuso nelle organizzazioni che producono lavoro e redditi per le famiglie), sarebbe necessario chiedere spesso a consulenti esterni di coordinare una indagine di people satisfaction anonima che possa produrre un momento di consapevolezza dei limiti ed investire soprattutto in formazione e sviluppo. 

Tutto questo ovviamente deve tener conto della tempistica: molto spesso assumono consapevolezza solo quando è troppo tardi.

Posted in Gestione aziendale, Imperatore consultingTagged Economia, gestione aziendale, gestione piccole imprese, imperatore consulting, piccole e medie imprese, pmi, Vincenzo Imperatore
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