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Home » News » L’anatocismo è uscito dalla porta e rientrato dalla finestra
07/09/2021

By: gestione

L’anatocismo è uscito dalla porta e rientrato dalla finestra

Cambia solo il meccanismo di calcolo degli interessi (debitori) sugli interessi: non più trimestrale, bensì annuale, così come per quelli creditori. Attenti ai moduli che sottoscrivete.


Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43

Abbiamo piu volte affrontato in questa rubrica il tema dell’anatocismo bancario e siamo stati chiari su un punto: l’anatocismo, nonostante l’introduzione delle nuove norme con decorrenza primo ottobre 2016, non è scomparso. Infatti ciò che cambia è solo il meccanismo di calcolo degli interessi (debitori) sugli interessi, che non avverrà più con una periodicità trimestrale bensì annuale, così come accade per gli interessi creditori.

DUE OPZIONI PER I CORRENTISTI. Non solo. Gli interessi calcolati alla fine dell’anno solare, per esempio su uno scoperto di conto corrente, si potranno riscuotere non prima del primo marzo dell’anno successivo. Entro questa data il correntista ha due possibilità:

  1. Pagare l’ammontare degli interessi passivi. In questo caso il problema dell’anatocismo non si pone e gli interessi si continuano a calcolare sul capitale originale;
  2. Decidere di non pagare gli interessi passivi, ma di farseli addebitare sul conto corrente. In questo caso occorre che il correntista manifesti per iscritto questa sua volontà alla banca. A questo punto gli interessi passivi maturati fino al 31 dicembre dell’anno precedente andranno ad aggiungersi al capitale e sulla somma risultante andranno a essere calcolati nuovi interessi. E dunque ritorno dell’anatocismo.

Si evince quindi che non è obbligatorio sottoscrivere alcuna clausola che autorizzi la banca “preventivamente” all’addebito delle competenze, perché la legge non prevede questo obbligo. Infatti, l’articolo 120 del Testo unico bancario, recentemente modificato, consente la possibilità al correntista-cliente di concedere tale autorizzazione, ma non lo obbliga, né prevede conseguenze nel caso l’autorizzazione sia negata, anzi. L’autorizzazione semmai è finalizzata a far conseguire agli istituti di credito quanto la legge espressamente vieta.

SOLITO LINGUAGGIO MESCHINO. Però la lettura di alcuni del moduli offerti ai correntisti offre una rappresentazione della realtà in termini diversi, dipingendo fosche conseguenze nel caso di mancata autorizzazione. Il solito meschino linguaggio subdolo e terroristico. Ciò che ci scandalizza infatti, semmai ci fosse ancora qualcosa che disgusta, è il vocabolario utilizzato dagli istituti di credito che in questi giorni stanno sottoponendo ai loro correntisti dei moduli autorizzanti quanto specificato al punto 2).

QUALI SONO LE CONSEGUENZE? Penso in particolare a una comunicazione di un primario istituto di credito in cui si legge: «Cosa succede se non autorizza la banca ad addebitare? L’addebito in conto degli interessi debitori comporta alcune conseguenze di cui essere consapevoli: infatti qualora il pagamento degli interessi non avvenga puntualmente al primo marzo, la banca potrà calcolare interessi di mora regione di ritardato pagamento. Inoltre, il mancato o ritardato pagamento può essere oggetto di segnalazione, in base all’importo e alle caratteristiche della posizione debitoria, nella centrale rischi di Banca d’Italia e/o nei sistemi di informazioni creditizie cui la banca aderisce».

È evidente che la lettura del testo qui riportato induce a valutazioni che possono essere fuorvianti per il cliente, il quale è indotto a credere di dover pagare interessi di mora già dal primo marzo e di essere pregiudicato da una segnalazione in Centrale rischi. Nulla di più lontano dal vero. A tale proposito viene in soccorso la legge, in particolare gli articoli 119 e 120 del Testo unico bancario.

SERVE UN’APPROVAZIONE. Secondo quanto è stabilito nella nuova disciplina l’addebito degli interessi è possibile solo dal momento in cui tali poste (gli interessi calcolati dalla banca) divengono esigibili. La formulazione dell’articolo 120 chiarisce che gli interessi sono esigibili dal primo marzo dell’anno successivo a quando sono maturati. Ma ciò non è sufficiente. Infatti affinché gli interessi siano “esigibili” in concreto è necessaria una sorta di approvazione, quantomeno in forma di silenzio assenso, da parte del correntista-cliente. L’articolo 119 chiarisce che l’estratto conto si intende approvato «in mancanza di opposizione scritta da parte del cliente, trascorsi 60 giorni dal ricevimento».

ALLO SCADERE DEI 60 GIORNI. È dunque chiaro che affinché gli interessi siano concretamente “esigibili” è necessario che il correntista-cliente sia informato, tramite estratto conto, da parte della banca circa il loro concreto ammontare, e solo in mancanza di contestazione nei 60 giorni dalla comunicazione (che, ricordiamo, arriva nei primi 20 giorni del mese di gennaio e quindi sempre successiva al 31/12 di ogni anno) effettuata dalla banca, questi possano essere pretesi in pagamento. In altri termini solo allo scadere dei 60 giorni (e in data successiva al primo marzo) possono essere addebitati in conto capitale.

Al contrario, in presenza di autorizzazione “preventiva”, gli interessi sono esigibili fin da subito. Allo stesso modo occorre computare il termine per la decorrenza degli interessi di mora. Infatti la mora è dovuta solo all’esito del mancato pagamento degli interessi corrispettivi e più in generale delle competenze. In sintesi, in caso di mancata sottoscrizione del modulo non si verificano le nefaste conseguenze prospettate nella comunicazione, mentre l’autorizzazione anticipa i tempi di esigibilità e di capitalizzazione degli interessi.

ESCAMOTAGE BANCARIO. L’autorizzazione “preventiva” agevola la banca, che non deve preoccuparsi di effettuare le comunicazioni previste per legge nei termini che la legge stessa pone. Perché la banca è preventivamente autorizzata dal cliente già dal 31/12 di ogni anno all’addebito degli interessi in conto capitale. Inoltre è opportuno sapere che tali “autorizzazioni” non costituiscono “adeguamento” alla nuova disciplina dettata dall’articolo 120, ma, come chiarito, rappresentano piuttosto un escamotage finalizzato a consentire quello che la legge espressamente vieta. Tale precisazione è doverosa perché come si evince dalla formulazione di un’altra “autorizzazione”, essa è presentata come una sorta di adeguamento alla nuova normativa (art. 120) in virtù della quale sono previste delle modifiche contrattuali.

ISTITUTO DI CREDITO TUTELATO. Ebbene tali modifiche contrattuali non costituiscono un adeguamento alla legge, e soprattutto contengono ulteriori tutele per l’istituto di credito che si salvaguarda rispetto al pagamento degli interessi maturati laddove non vi siano le disponibilità o la capienza sull’apertura di credito.

A questo proposito è interessante rilevare quanto si legge in un altro modulo: «La banca ha diritto di utilizzare, ai fini dell’estinzione del debito di interessi, i fondi nella disponibilità del cliente presenti sul conto su altri rapporti allo stesso intestati o cointestati. Il cliente autorizza altresì espressamente la banca a impiegare le somme accreditate e accreditabili a qualsiasi titolo sul conto o su altri rapporti intestati o contestati al cliente per il pagamento degli interessi debitori divenuti esigibili e non addebitati ai sensi del comma precedente».

SI PUÒ ATTINGERE AD ALTRI CONTI. Ebbene, con la sottoscrizione di tale clausola il cliente autorizza la banca che abbia calcolato gli interessi debitori ad attingere su altri conti intestati al cliente stesso o cointestati con altri soggetti. In tal modo la banca può legittimamente attingere a tutti i rapporti che facciano capo a un cliente prelevando gli importi di competenze maturate, tutelandosi preventivamente rispetto a un futuro ed eventuale “insoluto” degli interessi calcolati.

NESSUN BENEFICIO ARRECATO. È giusto pertanto, prima di sottoscrivere qualsiasi documento afferente le modifiche ex art. 120, leggere tutte le clausole che costituiscono oggetto di modifica del rapporto, essendo consapevoli del fatto che l’autorizzazione in parola non costituisce adeguamento alla legge né obbligo di legge, e che la stessa non arreca alcun concreto beneficio. Anzi.

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