By: gestione
I derivati? Si vendono ancora. E senza etica
Articolo a firma di Vincenzo Imperatore tratto da “Lettera43.it”
Nonostante quel mondo lo conosca dalla testa ai piedi, il sistema bancario non smette mai di meravigliarmi. Abbiamo più volte ripetuto che le generalizzazioni non sono mai opportune quando ci si interfaccia con universi come quello bancario, formato da circa 400 mila anime. Ma l’esperienza vissuta direttamente e gli eventi degli ultimi anni hanno confermato la convinzione che nel mondo delle banche l’etica dei comportamenti rappresenta l’eccezione, la straordinarietà.
LA SCORRETTEZZA È NORMA. Normalmente, ordinariamente, non ci si comporta in maniera etica, si ricevono insegnamenti per non essere etici, si fa formazione per non essere etici, si subiscono pressioni commerciali per non essere etici.
E, come gia analizzato nelle settimane precedenti, tutta l’Italia è paese. Nel senso che, indipendendemente dalle dimensioni (banca grande o piccola), dalla collocazione geografica (Nord o Sud), dalla complessità (banca sistemica o locale) o dalla solidità patrimoniale (CET1 ratio buono o non buono), le politiche commerciali non etiche rappresentano una materia prima molto scarsa.
Questa volta a peccare in maniera goffamente evidente è la piu grande banca del Paese, tra l’altro anche tra le più solide patrimonialmente, che continua a proporre (e a vendere) a imprenditori inconsapevoli e con scarsissima cultura finanziaria un prodotto altamente speculativo: il derivato sui tassi di interesse.
IL PIÙ ATROCE DEI DELITTI FINANZIARI. Abbiamo scritto tanto, e vi invitiamo a rileggere, dei rischi insiti in questo strumento di copertura dei rischi di tasso, definendolo il più atroce dei delitti finanziari (gennaio 2015).
Lunedi 12 settembre 2016, ore 14.10 dalla casella di posta elettronica dello «specialista dei prodotti di copertura» della banca parte una mail indirizzata al Dott. Bianchi (nome di fantasia) con una proposta di un prodotto derivato a 5 anni da sottoscrivere e «restituire stesso mezzo». Senza aggiungere altro, se non le presunte intese con il consulente diretto.
Davvero una goffa caduta di stile e la conferma della ferocia con cui si tenta di distruggere il patrimonio di una piccola impresa già alle prese con le difficoltà di una recessione economica.
Innanzitutto l’imprenditore in questione, che opera nel settore del commercio all’ingrosso di frutta secca, è un ex agricoltore, poco scolarizzato e senza alcuna dimestichezza con la materia della finanza per cui appellarlo come dottore lascia intendere che non si conosce il cliente e soprattutto la quasi certezza che il profilo di rischio del Signor (nel senso di persona perbene qual è) Bianchi sia stato manipolato proprio per far emergere una fotografia di investitore corente con il prodotto acquistato.
TEST DI ADEGUATEZZA ALTERATI. Quante volte lo abbiamo ripetuto su queste colonne che la «madre di tutte le truffe bancarie» è proprio la alterazione del test di adeguatezza finanziaria necessario ai fini della Mifid (direttiva comunitaria a difesa dell’investitore).
In questo caso è evidente che il profilo di rischio non è la fotografia dell’investitore ma quella che la banca, surrettiziamente, ha prodotto per il cliente, predisponendo il test già precompilato con la «baffatura» nelle caselle «convenienti» per la banca e sottoponendolo poi alla firma del cliente, tra le centinaia di carte che solitamente vengono prodotte.
In secondo luogo è mai possibile che la vendita di un prodotto così sofisticato possa essere perfezionata tramite mail?
STRUMENTI TROPPO COMPLESSI. Si tratta di strumenti talmente complessi che fanno fatica a capirli anche gli stessi bancari di filiale che vengono sbattutti sul fronte a collocare questi prodotti senza la adeguata formazione.
I derivati sono studiati e preparati nelle torri cablate delle direzioni generali con la piena consapevolezza, in questo caso sì, del top management e della direzione finanziaria di una banca. Figuriamoci come può capirlo un ex agricoltore (nel senso nobile della parola).
Ecco le prime due pagine del contratto: ci capite qualcosa?
Io qualcosa ci capisco. Ed è evidente che, nel momento in cui il governatore della Bce Mario Draghi afferma che i tassi allo zero rimarranno ancora a lungo (si ipotizza almeno per i prossimi 3-5 anni), la principale banca del Paese vende a un ex agricoltore che un anno fa (non il 12 settembre 2016) ha contratto un finanziamento a tasso variabile, un Irs (Interest rate swap) a 5 anni, consentendogli di minimizzare il rischio legato al rialzo dei tassi di interesse.
Una tempestività e una conoscenza del mercato che, al riguardo, il Rag. Fantozzi sembra Soros.
CHI SPIEGA AL CLIENTE I RISCHI? Ma soprattutto, leggendo pagina 3 di quel contratto, è stato spiegato al cliente, nelle presunte intese con il gestore della relazione, che quel derivato ha una classe di rischio 2 per cui può andare incontro a una perdita anche del 2,5% a ogni scadenza mensile della rilevazione del tasso? Non solo, ma è stato riferito all’ex agricoltore che esiste una probabilità del 5% che possa realizzare una perdita superiore a quella indicata? Ma questi davvero credono che siamo una massa di stupidi?
E allora, miei cari lettori, il discorso è semplice. Se nel nostro Paese la finanza etica è un fatto eccezionale, raro, inconsueto, se la malafinanza è un tumore sistemico, allora si rende ancora più necessaria l’azione di controllo preventivo da parte di Consob e Bankitalia. Ripeto pre-ven-ti-vo. Non come è avvenuto per la scorretta condotta commerciale di Bpvi in occasione della vendita dei ‘mutui soci’ al fine di finanziare gli aumenti di capitale del 2013 e del 2014 (praticamente ieri): in tal caso la Consob è intervenuta con la multa di 4,5 milioni di euro (Bpvi la pagherà? come la pagherà? Chi controllerà che il pagamento della sanzione avvenga?) solo dopo che erano arrivate in procura ben 329 denunce penali. Nel frattempo i risparmi di migliaia di cittadini si sono azzerati. Amen.