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Home » News » Il regalo della Bce ai vessati dalle banche
07/10/2021

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Il regalo della Bce ai vessati dalle banche

La lettera inviata a Mps impone agli istituti di aumentare gli accantonamenti sui crediti problematici, fino a svalutarli in un arco pluriennale predefinito. Misura che può servire a cittadini e imprenditori.

Non è istigazione a delinquere. È un consiglio per chi deve difendersi dagli abusi bancari, per chi ha visto calpestato un proprio diritto. Meglio dirlo subito per evitare malintesi. Ci si preoccupa giustamente per il futuro delle banche, ma nessuno esulta per il regalo – consegnato indirettamente (e forse inconsapevolmente) – ai cittadini o imprese, che finora (e da ora) non hanno potuto restituire i soldi ricevuti in prestito dagli istituti. I quali, però, hanno perpetrato abusi (usura, anatocismo e altre irregolarità) nei loro confronti. La lettera inviata dalla Bce a Monte Paschi Siena (e a tante altre banche) ha imposto agli istituti di credito di aumentare gli accantonamenti sui crediti problematici, fino a svalutarli totalmente in un arco pluriennale predefinito (otto anni). Ma possiamo per una volta, invece, fregarcene delle banche e sostenere che tale misura, se tecnicamente seguita da professionisti esperti del settore, può risultare determinante per risolvere (anche in questo caso forse inconsapevolmente) il problema degli imprenditori e dei cittadini che, sebbene vessati dalla banche, vogliono comunque arrivare a una transazione per il rimborso, ripulirsi delle macchie bloccanti presenti nelle banche dati (Centrale Rischi, Crif, Experian, ecc) e ripartire con la possibilità di accedere al mercato del credito?

NON SI PARLA SOLO DI USURA

Inoltre, diciamolo con estrema trasparenza senza aver paura di vederci scomunicare dalla comunità dei buonisti formali: mai come in questo caso la tanto vituperata lentezza della nostra giustizia civile per arrivare a una sentenza definitiva (mediamente sette anni) è manna caduta dal cielo per chi avvia un’azione giudiziaria contro la banca per vedersi riconosciuto l’indebito percepito e fare una transazione. Questo combinato disposto (magistratura lenta e disposizioni della Bce) ha i suoi effetti se alla banca si contestano tutte le probabili irregolarità formali. Nell’immaginario collettivo si è ormai consolidata la consapevolezza che gli abusi delle banche sono l’usura e l’anatocismo, ma nella contrattualistica relativa al finanziamento concesso sono presenti tante altre irregolarità. Che significa “contestare”? Innanzitutto occorre fare una perizia econometrica per accertarsi che la banca abbia degli scheletri nell’armadio, ma occhio ai truffatori in giro. Dopodiché sarebbe opportuno per il debitore, benché le banche siano molto lente nell’azione di recupero, non attendere troppo le altrui mosse, ma partire in anticipo e convenire prontamente la banca in giudizio per ottenere l’accertamento negativo di una parte del credito vantato dalla banca. 

L’azione giudiziaria in ogni caso congela qualsiasi tipo di atto restrittivo della banca, che ha tutto l’interesse a non allungare troppo la durata del contenzioso per non azzerare completamente il valore del suo credito. A questo punto l’esperienza maturata in questo settore mi consente di affermare che la percentuale di successo per una transazione molto vantaggiosa per il debitore è quasi del 100%. Cerchiamo di fare chiarezza con un esempio: un imprenditore ha ricevuto un prestito di 100 denari da una banca, ne ha restituito solo una parte (10 denari) e ora non riesce più a rimborsare quanto ancora dovuto (90 denari). Inizia un contenzioso con la banca, che da quel momento ha otto anni di tempo per portare a casa quanto più possibile. Nel frattempo, in base a una perizia econometrica sui rapporti di finanziamento, il debitore si accorge di avere subito abusi e avvia un’azione giudiziale per accertamento negativo del debito. A questo punto, indipendentemente dai tempi e dall’esito della vertenza, la banca ha l’obbligo di iscrivere ogni anno in bilancio il “costo dell’accantonamento”, e cioè della previsione di perdita, che potrebbe essere – a puro titolo di esempio, perché le percentuali per i primi anni sono molto più alte – il 15% di 90 (quanto deve ancora restituire). Cioè, circa 14 denari all’anno.

UN ESEMPIO CONCRETO

Quindi al termine di ogni anno la banca, visto che ha già spesato quella perdita, si accontenterebbe anche di 76 denari dopo il primo anno, 62 denari dopo il secondo anno, 48 denari dopo il terzo anno, solo 34 denari dopo il quarto anno e cosi via, fino ad azzerare il valore dell’importo recuperabile. Per non lasciarsi coinvolgere in questo stillicidio di ulteriori costi (legali, professionali e di immagine), la banca avrebbe (e infatti ormai sono tutte costrette a farlo) la possibilità di offrire il credito a una società di recupero, che mediamente lo compra a un prezzo pari all’11-12% del credito e poi propone al debitore una transazione a “saldo e stralcio” tra il 25% e il 40% della debitoria. In entrambi i casi il debitore, sempre che abbia portato in giudizio la banca e benefici quindi dei tempi sudamericani della nostra giustizia, può attendere con più serenità il “congruo” tempo per avviare una transazione vantaggiosa. In soldoni, se al termine del quarto anno il debitore offre 35 denari alla banca o alla società di recupero, queste ultime accettano la proposta. Esultate, debitori vessati, ma muovetevi.

A cura di Vincenzo Imperatore

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