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Il customer care e la finta soddisfazione “estorta” dalle banche
Le valutazioni dei consumatori sono fondamentali. Eppure negli istituti di credito si arriva a minacciare velatamente il correntista perché dia una recensione positiva.
Articolo a cura di Vincenzo Imperatore su Lettera43
Il web è un giudice che sta inequivocabilmente sentenziando l’inefficienza e la deriva del sistema bancario. I mercati sono ormai “conversazioni” tra chi propone prodotti-servizi e il consumatore. Oggi ogni consumatore, grazie a Internet, ha una serie di strumenti a disposizione per esprimere e condividere il proprio pensiero e per contribuire, in modo rilevante, a formare una reputazione positiva o negativa di una marca, di un prodotto o un servizio. Le valutazioni degli clienti sono decisive e guidano all’acquisto. Si stima, infatti, che oltre il 60% delle persone prima di comprare un prodotto o di prenotare un viaggio o di mangiare in un ristorante si informi online e le recensioni sono determinanti. Un consumatore si lascia molto influenzare da quello che gli altri utenti scrivono in Rete, soprattutto su alcuni siti web di riferimento.
LA CUSTOMER SATISFACTION E TRUSTPILOT
Uno di questi è Trustpilot, una community online di recensioni nata nel 2007 dall’idea del danese Peter Mühlmann, fondatore e ora Ceo, che ha visto un’opportunità per aiutare chi fa acquisti online. Oggi Trustpilot recensisce circa 180 mila aziende sulla base di circa 32 milioni di segnalazioni dirette degli utenti e cresce al ritmo di oltre 1 milione di nuove recensioni al mese. Un vero e proprio punto di riferimento per il mercato, una sorta di Tripadvisor per i servizi e-commerce e online, il cui claim è «le opinioni dei consumatori sono tutto per noi». Quelle originali, non artefatte ed edulcorate come avviene nelle indagini di customer satisfaction commissionate dalle banche. Unicredit, per esempio, la prima banca del Paese, è valutata come “scarsa” sulla base delle recensioni dei consumatori dei servizi online (quelli maggiormente utilizzati oggi in banca).
SERVONO VERITÀ E TRASPARENZA
La customer satisfaction delle banche, nel nostro Paese, rimane solo una questione esteriore, di forma. La verità è che da troppo tempo i cittadini (in Italia i correntisti sono più di 30 milioni) si attendono ben altri comportamenti: gli slogan pubblicitari dovrebbero puntare sulla verità, sulla trasparenza, su informazioni chiare e complete. Ai clienti bisogna dire tutto. Basta con le bugie. La customer satisfaction si realizza con i fatti. In Italia le banche, se da un lato, cercano l’opinione del cliente, con l’obiettivo di fornirgli un servizio migliore, dall’altro tentano di circuirlo, di pressarlo o di intimidirlo. Oggi gli si fa pure credere di poter risalire alla sua identità, quando sappiamo benissimo che si tratta di un’enorme bugia. Il decreto legislativo 196 del 30 giugno 2003, il cosiddetto Codice della privacy, impone questionari anonimi alle aziende che si rivolgono alle società incaricate dei sondaggi.
QUELLE MINACCE VELATE AI CLIENTI
Sapete che cosa succede nelle banche un mese prima che comincino le temute ricerche di mercato? Un po’ quello che capita adesso quando contattate il call center di una compagnia telefonica, e, poco prima che termini la conversazione, vi sentite dire, in tono un po’ imbarazzato: «Tra poco riceverà la telefonata di una società di sondaggi, che vi chiederà di valutare il nostro servizio. Per favore, può dare il voto più alto possibile?». Ecco, in ambito bancario, ne ho le prove, succede di peggio. Capita che i capi convochino il personale, affidandogli un compito ben preciso: ricordare ai clienti di parlare bene della banca, nel caso fossero contattati da una società di rilevazione dati. Non solo. Gli stessi dirigenti suggeriscono anche come convincere il cliente a seguire certi consigli (chiamiamoli così…). Per esempio, accompagnandoli con minacce velate, apparentemente bonarie: «Mi raccomando, dica che è contento della qualità dei nostri servizi, perché, se dovesse dichiarare il contrario, sa com’è, resta scritto, si verrebbe a sapere… magari si può creare una situazione spiacevole».
I VANTAGGI DELLA “FINTA SODDISFAZIONE”
Com’è facile intuire, l’unica a trarre vantaggio dalla “finta soddisfazione” estorta ai clienti è la banca stessa. In questo modo ne guadagna in reputazione e in valutazioni positive da parte degli analisti di settore, tutte “medaglie” che dovrebbero contribuire a far crescere le quotazioni degli istituti di credito in Borsa. Ecco, questo per me è un esempio classico di customer satisfaction alla pizzaiola. L’impressione è che in Italia non sia mai esistita una vera e propria cultura, manageriale e finanziaria, in grado di valorizzare uno strumento così importante, rivelatosi nel corso degli anni sempre più decisivo nel rafforzare la posizione di un’impresa sul mercato. Fate presto, Trustpilot (e altri) non scherza!