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Home » News » La banca supermarket, ultima folle distorsione
07/08/2021

By: gestione

La banca supermarket, ultima folle distorsione

Tratto da Lettera 43

Il problema di fondo è semplice: i bilanci delle banche, quando ‘veritieri’, sono messi peggio di quelli delle imprese loro affidate.
Anche le banche sono alla ricerca disperata di nuovi profitti perché i loro conti economici risentono di circa 190 miliardi di crediti di dubbio recupero a cui si aggiungono i bassi margini di manovra sui tassi di interesse e gli eccessivi costi del personale.
E non importa se per questi nuovi profitti devono distruggere interi settori economici.
Anzi, ogni giorno se ne inventano una nuova.
IMPRENDITORI COSTRETTI. E a tal proposito non resto troppo sorpreso da ciò che mi riferisce un ex collega sulla dinamica del processo di vendita di alcuni nuovi prodotti realizzato attraverso pressioni e ricatti psicologici soprattutto nei confronti dei piccoli imprenditori affidati o da affidare.
Ciò che mi meraviglia, dopo 22 anni vissuti in quel sistema, è proprio l’oggetto di quel processo di vendita: quei nuovi prodotti.
ALTRO CHE FINANZA… Una volta bisognava piazzare cose che comunque in buona parte avevano a che fare con il mondo della finanza (polizze assicurative, diamanti, obbligazioni strutturate, fondi immobiliari chiusi, rinvenimenti da aumenti di capitale).
Adesso puoi anche non essere bravo a leggere un bilancio, ma se sei un fenomeno a spingere televisori, radio e telefonini vieni premiato, cresci e fai carriera.
COME CAPI DISCOUNT. I futuri manager potrebbero essere i capi reparto dei discount o dei megastore di elettrodomestici.
Studiare economia è una perdita di tempo.
Ma chiariamo perché oggi la banca si indirizza verso nuovi business.

Il televisore ha «rischio zero» e un rendimento di almeno il 20%

Perché la differenza di redditività tra i prodotti è molto evidente.
Su un finanziamento la banca ha mediamente un margine finanziario netto di circa l’8% a fronte di un «fattore di rischio» altissimo: quei soldi potrebbe anche andare perduti nel caso il cliente fosse insolvente.
Il televisore, invece, ha «rischio zero» e, inoltre, ha un rendimento di almeno il 20% sul prezzo a cui viene venduto al correntista.
GRANDI VANTAGGI. Un prezzo vantaggiosissimo poiché ne acquista uno stock enorme per sfruttare la sua imponente e capillare rete di vendita.
Come si dice in gergo, «può fare prezzo»: negoziare con il produttore delle condizioni ottimali, migliori anche di quelle applicate alle grandi catene tipo Euronics o Mediaworld, tanto per citare due nomi conosciuti.
Per non parlare poi della differenza abissale di trattamento in confronto ai piccoli rivenditori di elettrodomestici (magari clienti di quella banca!) che, in tal caso, finiscono per essere «fuori mercato» per la concorrenza spietata e sleale praticata dall’istituto stesso.
INVASIONE DI BROCHURE. Sta di fatto che, da circa un anno, una delle principali banche del Paese ha ampliato la gamma di prodotti offerti diversificando il suo core business.
Si tratta, nello specifico, di televisori, computer, cellulari, tablet, scooter, tapis roulant che vengono venduti da questa banca a prezzi scontati, in un’unica soluzione o con finanziamenti ad hoc.
Sulla scrivania di un consulente di quella banca oggi ci sono più depliant e brochure pubblicitarie che moduli bancari.

In banca fanno cifre che pure Trony fatica a raggiungere

Per capire però le dimensioni del fenomeno non possiamo esimerci dal mostrare alcune statistiche forniteci da un bancario.
Quella banca nel primo semestre 2015 ha dato un obiettivo alla rete di vendita di circa 35 milioni di euro in prodotti di ‘Banca Store’, cioè appunto in televisori e simili.
Il che significa, secondo la logica che gli obiettivi del primo semestre devono essere quantomeno replicati, circa 70 milioni in un anno.
Cifre che anche Trony ha difficoltà a raggiungere.
REPORT GIORNALIERI. Per il top management della banca i ricavi da ‘servizi’ ottenuti grazie allo store dei prodotti di largo consumo sono una voce talmente importante per la sopravvivenza della banca che il report viene stilato addirittura giornalmente.
Una sfida quotidiana all’ultimo televisore o frigorifero piazzato al correntista.
CONSULENTI FRUSTRATI. Come spiegano le carte ricevute esiste un ranking «delle ultime 24 ore», «degli ultimi 5 giorni lavorativi» e, come detto, «semestrale» al fine di violentare la psiche dei consulenti e creare quella frustrazione da competizione che deriva dal mostrare “quotidianamente” quale gestore sta lavorando meglio e soprattutto quale debba invece subire la umiliante ‘stigmatizzazione’ dei suoi comportamenti non allineati.
Ancora una volta c’è quindi la conferma che le banche, segnale inequivocabile del loro stato di crisi, non fanno più il loro mestiere.
BISOGNI CHE NON ESISTONO. Con due aggravanti: una, come detto, relativa all’esercizio di una concorrenza sleale nei confronti di piccoli imprenditori del settore; l’altra, il solito atteggiamento estorsivo di negare un credito a chi si rifiuti di acquistare un prodotto che probabilmente già possiede o di cui non se ne fa niente, creando bisogni che non esistono o che non possono essere soddisfatti.
SONO DEGLI AVVOLTOI. Veri avvoltoi che svolazzano nei cieli di una crisi economica che talvolta non riesce neppure ad assicurare il soddisfacimento dei bisogni primari.
Figuriamoci se poi uno che ha bisogno di un prestito per mandare suo figlio all’università può pensare di farsi un’oretta di tapis roulant.

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