La scalata del gruppo Intesa SanPaolo, primo istituto di credito del Paese, su Ubi Banca, terzo player italiano, deve preoccupare lo Stato italiano, principale azionista di Monte dei Paschi di Siena. No, non è un gioco di parole per confondervi ancora di più. Ma l’Ops (Offerta pubblica di scambio) lanciata dal gruppo presieduto da Carlo Messina apre lo scenario del risiko bancario più rivoluzionario degli ultimi 40 anni.
Quello che porterà alla disintegrazione delle banche malconce e probabilmente un ritorno al passato con qualche grande banca (anch’essa malconcia) in mano pubblica perché di «interesse nazionale».
Proviamo a ragionare semplice. Se Intesa è interessata a Ubi si chiude la porta di una probabile fusione tra il gruppo diretto da Victor Massiah ed Mps. Se Unicredit ha avviato un piano di ridimensionamento della sua presenza nel nostro paese (6 mila dipendenti in esubero e 450 filiali da chiudere), è chiaro che il suo orizzonte è oltre le Alpi.
Se Bper ha bisogno di un aumento di capitale da un miliardo di euro e deve acquistare circa 500 sportelli di Ubi a due milioni di euro cadauno, non credo che abbia liquidità per altre operazioni e comunque la sua presenza sul territorio tricolore sarebbe già eccessiva.
Se il titolo del banco Bpm continua a perdere valore in Borsa perche gli analisti vedono male una probabile fusione con Mps, allora ecco che l’amministratore delegato Giuseppe Castagna ha ribadito che il gruppo, reduce da una fusione importante, andrà avanti con un piano stand-alone.
E quindi? Quindi il derelitto Monte dei Paschi di Siena ha due probabili destini: o diventa una banca di «interesse nazionale» con controllo pubblico oppure il Tesoro, spiazzato dall’Ops promossa da Intesa su Ubi Banca, deve svenderlo a un gruppo straniero. E intanto sono scattate le vendite del titolo in Borsa.
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