La carta è uno dei materiali che ha nel proprio Dna l’economia circolare. Un tempo, infatti, la carta veniva realizzata con gli stracci e solo successivamente con la cellulosa proveniente dal legno.
Oggi la fibra di cellulosa derivata dal legno viene riciclata fino a sette volte: ciò permette di diminuire l’impatto ambientale, anche attraverso pratiche di coltivazioni forestali sostenibili, che prevedono di piantare due o tre alberi ogni volta che se ne abbatte uno, ed escludendo da questo processo le foreste primarie, che sono uno scrigno della biodiversità e che anche grazie all’assorbimento di un’enorme quantità di anidride carbonica difendono il clima. Quindi si potrebbe pensare che per quanto riguarda il mondo della carta non ci sia più molto da fare, visto che si usano sia il riciclo, sia le fibre provenienti daforeste certificate, ma non è così. Esiste un’altra frontiera: quella dell’upcycling. Prima di addentraci nel problema è bene puntualizzare cosa è l’upcycling: si tratta di un processo industriale cheaumenta il valore industriale di una materia. Nel caso dell’economia circolaresi parte da unrifiutoche ha scarso valore sul mercato, magari perché destinato naturalmente all’incenerimento per generare energia o peggio alla discarica, e che invece attraverso processi industriali diventa una materia prima/seconda. E’ un processo virtuoso a tutto tondo: si produce valore e si riducono i rifiuti e quindi i costi di gestione. E nel caso della carta ciòpuò avvenire per il 20-25%della materia prima utilizzata. In Italia c’è chi di questo processo di upcycling ne ha fatto un fattore di successo: è la cartiera Favini che da anni, attraverso un inedito processo industriale brevettato,“innesta” materiali “strani”nella carta ottenendone tipologie d’alta qualità. Il processo industriale si chiama micronizzazione e permette ad altri materiali di assumere la forma e la dimensione necessarie perlegarsi con le fibre di cellulosae formare la carta. Favini iniziò questa produzione oltre venti anni fa per contribuire allo smaltimento dellealgheche, a causa del processo di eutrofizzazione dell’acqua marina,infestavano la laguna di Venezia. Venne così creata la prima carta ibrida a base di alghe. Successivamente vennero utilizzati altrimateriali di scartocome quelliagroalimentari, quali i residui di agrumi, uva, ciliegie, lavanda, mais, olive, caffè, kiwi, nocciole e mandorle: tutti materiali che, oltre ad aumentare la sostenibilità della carta, la rendono “diversa” e più pregiata. Messa a punto la filiera delle materie prime seconde d’origine vegetale Favini ha studiato“contaminazioni” più spinte, come quelle dell’utilizzo degli sfridi della concia delle pelli, cioè dei frammenti che avanzano da un prodotto durante la sua lavorazione. E’ una storia che merita di essere raccontata: questo processo di riciclo, infatti, si basa sugli sfridi dellaconcia vegetale, ossia di una concia che non usa materiali inquinanti; e il fatto che gli scarti, se originati dalla concia vegetale, abbiano un valore di mercato ha convinto alcune concerie a passare a questo tipo di lavorazione. Questo è uno degli effetti dell’upcycling legato alla sostenibilità. E poi c’è il concetto dellacircolarità stretta. La nota casa di champagne Veuve Clicquot, infatti, ha chiesto a Favini di realizzare un cartoncino che contenesse lavinaccia residuo della spremituraper realizzare la scatola della sua linea di champagne biologico. E la cosa ha un tale valore, per la casa vinicola francese, che il processo di produzione di questi cartoncini è spiegato con una infografica su un lato della confezione. Altro esempio ancora è quello dell’industria agroalimentare Pedon, che ha chiesto alla cartiera veneta di realizzare gliimballaggi dei propri legumi secchi con gli scarti degli stessi. Missione compiuta. I legumi secchi scartati all’inizio della selezione si ricongiungono, sotto forma d’imballaggio, ai propri simili alla fine del processo, con un doppio risultato. Il primo è quello di evitare di aver prodottoun rifiuto o un materiale di bassa qualità, mentre il secondo è che così si ottiene un cartone adatto alcontatto con gli alimenti, cosa molto complicata dal punto di vista normativo quando si parte dai rifiuti,evitando l’utilizzo di una bustina di plastica. Con minori costi per l’impresa, i consumatori e l’ambiente, visto che si usa un “rifiuto” per evitarne la produzione di un altro.