Come non farsi truffare con i prestiti personali
Ecco i segreti svelati nel libro «Soldi gratis» di Vincenzo Imperatore (Sperling&Kupfer) per evitare tassi di interesse stellari e «consigli per gli acquisti» mai richiesti
Si tratta di un finanziamento erogato da una banca o da una finanziaria che non richiede necessariamente di specificare la finalità per cui lo chiedete. L’importo che viene concesso di solito va da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 100.000 euro, e deve essere restituito a rate mensili costanti entro un massimo di dieci anni.
Come per le altre forme di finanziamento, anche in questo caso il tasso d’interesse è di solito l’unica condizione su cui il cittadino si sofferma per fare le sue valutazioni. Ma sebbene sia sicuramente la più importante, è solo una delle tante che compongono il prezzo da pagare. Quindi ricordate – ve lo ripeterò fino ad annoiarvi – di guardare sempre il TAEG.
A ogni modo, altre insidie si nascondono dietro l’angolo. Innanzitutto, se per scegliere il migliore prestito personale è sacrosanto valutare diverse offerte, è altrettanto vero che non sempre l’offerta della banca in cui avete il conto corrente è la migliore. Certo, alcune banche erogano prestiti solo ai propri clienti e quindi per ottenerlo vi costringono ad aprire un conto corrente presso di loro, ma non è obbligatorio seguire questa strada. Soprattutto, attenti alla dinamica del processo di vendita di alcuni nuovi prodotti che vengono offerti in accoppiata con il finanziamento: spesso fa leva su pressioni e ricatti psicologici, in generale per tutti quelli che hanno bisogno di un finanziamento e in particolare nei confronti di chi richiede prestiti personali.
Si tratta, nello specifico, non solo di prodotti finanziari della banca (polizze assicurative, diamanti, obbligazioni strutturate, fondi immobiliari chiusi, azioni), ma di prodotti che da qualche anno le banche (non tutte) hanno aggiunto nella loro gamma di offerte per diversificare il loro business (televisori, computer, cellulari, tablet, scooter, tapis roulant eccetera), e che vengono venduti a prezzi scontati allo scopo di aumentare l’importo del finanziamento richiesto. In sostanza, entrate in banca per richiedere un prestito di 10.000 euro per iscrivere vostro figlio all’università e ne uscite con anche un tapis roulant di cui non avevate bisogno. E se rispondete: «No, non mi interessa!» vi fanno capire che il prestito non potete averlo. È il solito atteggiamento estorsivo attraverso il quale negare un credito a chi si rifiuta di acquistare un prodotto che probabilmente già possiede o di cui non se ne fa niente, creando bisogni che non esistono.
Cosa fare?
Non voglio esagerare, ma qui si configura il reato di violenza privata. Secondo l’articolo 610 del Codice Penale, infatti, commette violenza privata «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa». La pena prevista è la reclusione fino a quattro anni. Quante volte un consumatore, pressato psicologicamente per ottenere un finanziamento, si è visto costretto a firmare atti e contratti che altrimenti non avrebbe sottoscritto?
Ma attenzione, la violenza privata non va confusa con l’estorsione: per commettere violenza privata non è necessario che il soggetto «abbia procurato a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno». E quindi? direte voi. E quindi rispondete con un secco no a chi vi fa simili «offerte», in modo da denunciare una pressione che non volete ricevere. Vi assicuro che a quel punto si avvicinerà un responsabile, il direttore o chi per lui, il quale vi inviterà a calmarvi e vi garantirà il prestito. Soprattutto se la valutazione della vostra affidabilità era già positiva! Perché le banche temono solo per la propria reputazione.